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Friday 19 April 2024
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Inception, l’architettura onirica di Christopher Nolan | Fuori le Mura



Parafrasando le parole del bullo Eames, Christopher Nolan non ha certo paura di sognare un pochino più in grande. Letteralmente. Onirico ma incredibilmente concreto, il 24 settembre 2010 arriva nelle sale italiane Inception, l’ultima fatica.
Dopo Memento, Insomnia, The Prestige e, perché escluderlo, Il cavaliere oscuro, la mente torna ad essere il fulcro intaccabile della trottola Nolan. Al centro dell’azione questa volta c’è uno specialista del furto nel subconscio: Dom Cobb (un più che convincente Leonardo Di Caprio), abilissimo nel penetrare i sogni ed estorcere ogni tipo di informazione, alla mercé del miglior offerente.
Peccato, davvero, che gli unici sogni con cui abbia dimestichezza siano quelli degli altri. Per lui solo incubi; in fuga da un passato burrascoso e mai confessato che gli impedisce di rimettere piede sul suolo americano e di riabbracciare i figli, l’occasione per la redenzione gli si presenta quando Saito (Ken Watanabe), un potente industriale, gli commissiona un innesto: impiantare, anziché estorcere, una semplice idea nella mente del suo principale avversario per poterne dividere l’impero finanziario, pericolosamente sulla soglia del monopolio.
Un’idea, se ben radicata, può tutto.
Niente sembra impossibile per la squadra messa in piedi da Cobb: Ariadne, studentessa di architettura reclutata come designer onirico (la versatile Ellen Page), l’ingegnere-manovratore Arthur (un inedito Joseph Gordon-Levitt), il dissimulatore Eames (Tom Hardy), il chimico Yusuf (Dileep Rao). Sfortunatamente per loro, penetrare la mente di Robert Fisher Jr. (Cillian Murphy) non sarà impresa facile. Ad ostacolare la missione, un subconscio aggressivo e militarizzato e i demoni interiori dello stesso Cobb che, in attesa di perdono e sottoforma della defunta moglie Mal (criptica e magnetica Marion Cottilard) non possono far altro che remare contro l’operato del proprio creatore.

Con Inception, Christopher Nolan pone la chiave di volta di una produzione quasi impeccabile. Seguendo le avventure di Cobb e soci, sicuramente più difficili da raccontare che da godere, ci si accorge come il film sia in realtà il risultato di un costante lavoro di autosuperamento. Nolan smemorato, insonne, prestigiatore, illusionista, supereroe, sognatore e creatore, sembra agire come un vero e proprio architetto che, consapevolmente o meno, erige pian piano la costruzione perfetta, cementando i mattoni con un’unica malta, un solo what if che genera, ogni volta, storie differenti.
I protagonisti del cineasta britannico sono sempre uomini che devono fare i conti con un fastidioso difetto nell’ingranaggio delle loro esistenze, sia esso una malattia genetica, un incidente di percorso, la propria ambizione, una morale irreprensibile o un ardente desiderio di perdonarsi. L’abilità del regista è anche e soprattutto nel generare vicende sempre originali da un unico problema per sviscerarlo, vivisezionarlo, viverlo più che risolverlo. Non c’è soluzione all’incertezza, se non l’esperienza dell’incertezza e un atto di fede, il credere reale ciò che scegliamo di accettare come tale.
In questa pellicola più che mai Nolan si rivela sapiente narratore e artigiano: non solo progetta con lungimiranza l’intreccio portante, ma struttura una terza dimensione senza fastidiosi occhialetti e scavando nella storia del protagonista, colpendo l’emotività dello spettatore oltre che i suoi bulbi oculari (come d’altronde aveva già fatto con la fabula rovesciata di Memento e il groviglio di situazioni di The Prestige). L’estetica non basta ed è l’empatia a procurare l’emozione: si accede al complesso mondo dell’alterazione onirica attraverso gli occhi della novellina Ariadne (”Arianna”, guarda caso deputata alla costruzione di un labirinto…) per poi venire gradualmente attirati nella sottotrama del dramma di Cobb, che colora la pellicola di quel calore necessario ad attuare l’identificazione e a fare di Inception “un grande film d’azione con una dimensione umana”.

C’è, tuttavia e per fortuna, un’attenzione maniacale a non superare il limite tra il complesso e l’incomprensibile o tra il magniloquente e il pretestuoso: nonostante la costruzione a scatole cinesi dal respiro epico (la maggiorparte della vicenda si svolge all’interno di un sogno in cui si sogna di sognare di sognare alla faccia de Le rovine circolari di J.L. Borges), la moltitudine delle location (Parigi, Tokyo, Tangeri, Los Angeles, Inghilterra, Calgary) e degli immensi set (attraverso i quali si è “oltrepassati i confini di ciò che si poteva fare con la pratica, senza effetti computerizzati”) e la stratificazione dei livelli di rappresentazione e di lettura, tutto si risolve nella più concreta credibilità. Anche troppo: gli scenari architettati dal team Cobb sono per certi versi fin troppo razionali, controllati, coerenti; troppa logica e ben poca della vera follia che affolla i sogni per poter accettare che ci si trova nella terra sconfinata in cui, essendo noi stessi l’unico tessuto costituente tutto il conoscibile, ci è permesso essere Dio. Ma questa è poca cosa, una questione tra il creatore e il fruitore che risiede tutta nel patto della sospensione dello stupore.
Se all’infiltrato onirico serve, da prassi, un piccolo oggetto che lo ancori alla realtà, ed un “calcio” per tornarvi sano e salvo, allo spettatore, dopo la visione, occorrerà sicuramente qualche colpo in più. Sempre che non scelga di vivere nel limbo in cui è Dio: effetti collaterali di questo anti-Matrix. In tutta onestà, chi potrebbe davvero biasimarlo?
Dom Cobb e Christopher Nolan no di certo.

Il trailer

Inception
Azione, Usa, 2010 148′
Regia e Sceneggiatura: Christopher Nolan
Produzione: Christopher Nolan, Emma Thomas
Montaggio: Lee Smith
Scenografia: Guy Hendrix Dyas
Fotografia: Wally Pfister
Musiche: Hans Zimmer
Cast: Leonardo Di Caprio, Ellen page, Ken Watanabe, Joseph Gordon-Levitt, Marion Cottilard, Cillian Murphy, Tom Berenger, Micheal Caine
Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia
Sito ufficiale