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Thursday 18 April 2024
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L’uomo che amava dipingere | Fuori le Mura



L'uomo che amava dipingereCresciuto nell’Iran contemporaneo, il protagonista dei questo breve libro è un pittore di nome Yassir. Prelevato a forza dalla sua abitazione dalla polizia iraniana, viene condannato a morte per aver dipinto il corpo nudo di una donna. Nella cella in cui viene recluso, incontra Omar, che a causa della propria omosessualità ha subito la stessa condanna. Tra i due si instaura un’amicizia che allevia la noia la prigionia e  l’attesa senza speranze. Una mattina  Yassir trova vicino alla propria brandina colori, pennelli e tre tele. Sono un dono di Omar e per tutto il giorno, fino a notte inoltrata,  il giovane artista dipinge e si figura i protagonisti e i luoghi dei suoi quadri. Dà un corpo e una voce ai personaggi della sua fantasia. I dipinti sono ambientati in aree di conflitto e pretendono di darne una visione interna, di spiegare il punto di vista particolare di ognuno dei protagonisti. È così che Yassir si intrattiene con un estremista palestinese che descrive l’onore del martirio; siede a tavola con un marine arruolatosi dopo l’11 settembre per combattere in Iraq; manifesta al fianco di un’attivista iraniana, contro il governo autoritario di Teheran.
Ad ogni incontro si accompagnano dialoghi sui grandi temi che da sempre arrovellano le menti dei filosofi, da Platone a Wittgenstein e oltre: si fa rapido cenno a temi come l’ispirazione artistica,  l’estetica, il binomio libertà/prigionia nell’esistenza di ogni uomo, la laicità dello stato. Si giunge persino a scomodare  un argomento di agostiniana memoria: il tempo?
Il progetto è indubbiamente ambizioso. Lo sarebbe stato persino per i grandi scrittori russi del novecento come Tolstoj o Dostoevskij. Incanalare un simile progetto in un racconto di 58 pagine mi sembra, senza nulla togliere all’autore di Torre del Greco, presuntuoso, o quanto meno ingenuo.

Dissolvere i grandi conflitti della storia recente (come quello arabo- israeliano o quello iracheno) in un pacifismo filantropico, in un amore pan umanista privo di spessore critico e della benché minima adesione alla realtà non mi sembra un metodo intellettualmente apprezzabile. È una uscita di scena comoda, ma fin troppo scontata.

L’ansia di dire, di dibattere prevale anche sulla caratterizzazione dei personaggi che appaiono totalmente strumentali alla trattazione dei temi, tutti presi dalla foga di suggerire la via per una gioia assoluta, di svelare profeticamente il cammino verso la pace e l’amore universali.

Lo stile è sufficientemente scorrevole, ma spesso ha delle cadute decisamente brusche, dettate da influenze shakespeariane mal digerite. È il caso del brano in cui l’autore, sentendo una voce femminile chiamarlo dal buio della cella, si domanda:

Cos’è questa voce che interrompe il mio sonno? A chi appartiene questo dolce suono che fa sembrare il mio nome un insieme di armoniose note, che messe insieme sembrano dar vita a una melodia mai ascoltata prima da orecchio umano? Che la pazzia abbia preso il sopravvento su di me? Fatti avanti, misteriosa creatura notturna, essere divino o infernale che tu sia, fatti avanti, non indugiare oltre e mostrati a me, o và via […].

In breve, l’ambizione è un motore necessario per chi voglia scrivere un libro, ma deve necessariamente accompagnarsi ad un progetto articolato, a una profondità di analisi e ad una caratterizzazione dei personaggi maggiore di quanto Vincenzo Borriello sia disposto a fare.

Informazioni
L’uomo che amava dipingere, Vincenzo Borriello
Casa editrice Aurea
2010, pp.64, € 11,00