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Qualcuno volò sul nido del cuculo : Fuori le Mura


Qualcuno volò sul nido del cuculo





1 febbraio 2010 |



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Qualcuno volò sul nido del cuculo

Tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey: “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, diretto da Miloš Forman nel 1975, merita senza nessun dubbio un tributo e un approfondimento essendo un’importante testimonianza di come il cinema possa essere grande spendendo pochissimo. Trampolino di lancio verso una piena popolarità per molti attori del calibro di Jack Nicholson, Danny DeVito e Christopher Lloyd la pellicola dichiara in modo crudo, ma efficace, le violenze subite all’ interno degli ospedali psichiatrici di quell’ epoca e la repressione esercitata dal “sistema” verso  tutti coloro considerati diversi.
Il tema al centro di tutto è in realtà una grande metafora del mondo in cui viviamo: è pazzo lo squilibrato stesso o lo è chiunque la pensa differentemente da noi? La libertà e il suo fascino, quando non sono inseriti in un criterio di produzione “sociale”possono essere considerati follia? Queste gli interrogativi più interessanti su cui il film fa riflettere. Importante e significativa è inoltre la figura del Capo Indiano Bromden: fingendo la sordità si estranea da un mondo che non comprende fino in fondo e in un contesto diegetico esso rappresenta lo spettatore che non interagisce mai e che può solo interrogarsi e osservare minuziosamente gli eventi.
In un momento storico fortemente costruito intorno a storie banali e ad effetti speciali quest’opera cinematografica rappresenta uno dei punti più alti nei livelli di comunicabilità allo spettatore.  Storia che essendo tremendamente drammatica e profondamente radicata nella nostra realtà, senza troppa presunzione, si inserisce nell’attualissimo tema della disumanizzazione dei nostri atteggiamenti.
Le nostre vite costrette a seguire schemi prefissati e produttivamente soddisfacenti sono molto più in gabbia, in realtà, di chi vive in un ospedale psichiatrico. Le cose più semplici come pescare (riferimento ad una delle scene più significative del lungometraggio) o il semplice comunicare sembrano inutili e superflue nella cosiddetta “logica” del sistema capitalistico nella quale “ il diverso” è chiunque non sposi questo progetto. Un esempio? Gli indiani d’ America, quasi completamente sterminati, incarnati simbolicamente in questo film dal Capo Indiano Bromden.
Il tributo finale va comunque al grande Jack Nicholson che, con un’ interpretazione che gli è valsa l’ Oscar (il film ne ha presi ben 5 : miglior film, miglior regista, miglior attore protagonista Jack Nicholson, miglior attrice protagonista Louise Fletcher e infine miglior sceneggiatura), si impose definitivamente all’attenzione del gran pubblico agli albori di una grande carriera.

Tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey: “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, diretto da Miloš Forman nel 1975, merita senza alcun dubbio un tributo e un approfondimento essendo un’importante testimonianza di come il cinema possa essere grande spendendo pochissimo. Trampolino di lancio verso una piena popolarità per molti attori del calibro di Jack Nicholson, Danny DeVito e Christopher Lloyd la pellicola descrive in modo crudo, ma efficace, le violenze subite all’interno degli ospedali psichiatrici dell’epoca e la repressione esercitata dal “sistema” verso  tutti coloro considerati diversi.

Il tema al centro di tutto è in realtà una grande metafora del mondo in cui viviamo: è pazzo lo squilibrato stesso o lo è chiunque la pensa differentemente da noi? La libertà e il suo fascino, quando non sono inseriti in un criterio di produzione “sociale”possono essere considerati follia? Questi gli interrogativi più interessanti su cui il film fa riflettere. Importante e significativa è inoltre la figura del Capo Indiano Bromden: fingendo la sordità si estranea da un mondo che non comprende fino in fondo e in un contesto diegetico esso rappresenta lo spettatore che non interagisce mai e che può solo interrogarsi e osservare minuziosamente gli eventi.

In un momento storico fortemente costruito intorno a storie banali e ad effetti speciali quest’opera cinematografica rappresenta uno dei punti più alti nei livelli di comunicabilità allo spettatore.  Storia che essendo tremendamente drammatica e profondamente radicata nella nostra realtà, senza troppa presunzione, si inserisce nell’attualissimo tema della disumanizzazione dei nostri atteggiamenti.

Le nostre vite costrette a seguire schemi prefissati e produttivamente soddisfacenti sono molto più in gabbia, in realtà, di chi vive in un ospedale psichiatrico. Le cose più semplici come pescare (riferimento ad una delle scene più significative del lungometraggio) o il semplice comunicare sembrano inutili e superflue nella cosiddetta “logica” del sistema capitalistico:“ il diverso” è chiunque non sposi questo progetto. Un esempio? Gli indiani d’ America, quasi completamente sterminati, incarnati simbolicamente dal Capo Indiano Bromden.

Il tributo finale va comunque al grande Jack Nicholson che, con un’ interpretazione che gli è valsa l’ Oscar (il film ne ha presi ben 5 : miglior film, miglior regista, miglior attore protagonista Jack Nicholson, miglior attrice protagonista Louise Fletcher e infine miglior sceneggiatura), si impose definitivamente all’attenzione del pubblico agli albori di una grande carriera.



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Category: Cinema