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Thursday 28 March 2024
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All’Avana senza un cazzo da fare | Fuori le Mura



Adios” Gli eroi non fuggono, restano fedeli a una città perduta, si adattano al quotidiano per sopravvivere, ché motivi per scappare ne avrebbero tanti, ma restano attaccati alla loro terra solo per il terrore della nostalgia.”

Questa frase, partorita dalla penna di Alejandro Torreguitart, è la somma, il sunto in poche righe di quel non-romanzo che è Adios Fidel (2008 – Il Foglio Edizioni). Perchè l’autore ci avverte sin dall’inizio: i suoi racconti non sono racconti, il suo romanzo non è un romanzo, non c’è fiction, c’è solo vita vera, vissuta. Si tratta di un Diario Quotidiano (non a caso nel romanzo seguente “Mr Hyde all’Avana”, l’ultimo racconto si intitola proprio così) di un giovane avanero con tre passioni: le donne, la musica, la letteratura. Un giovane disilluso nei confronti di chi lo governa, in questo non troppo distante dai suoi colleghi europei, ma che in più ha il non indifferente problema della sopravvivenza da affrontare. In “Adios Fidel” -tra il sedere sodo di una bella mulatta e il solito turista italiano “comunista che non sa cos’è il comunismo” che chiede ancora di cantare Hasta siempre- ci sono le ristrettezze del periodo speciale a Cuba, che è quello seguente alla caduta del Muro di Berlino, dopo la quale, nonostante fosse facile capire che la Rivoluzione Permanente non avrebbe potuto più avere un futuro, il regime decise di continuare nella sua folle corsa contro la storia, ottenendo così un solo risultato: affamare la popolazione. C’è inoltre Meo Porcello, al secolo Hugo Chavez, l’ultimo amico rimasto a Cuba, ma che a Alejandro ricorda appunto il porcellino dei cartoni animati di Walt Disney: l’autore ne fa una caricatura ai limiti del grottesco, lo squalifica tramite la sempreverde arma dell’ironia. C’è anche Fidel, figurarsi se poteva mancare: ma è l’ombra dell’ombra del rivoluzionario di un tempo, ormai è stanco e malato e le uniche tracce di sé le dà scrivendo le sue riflessioni sul giornale nazionale, il Granma. Ormai ha lasciato tutto nelle redini del fratello Raul Castro, soprannominato da Alejandro Speedy Gonzales per via dei baffetti. All’Avana però, c’è anche un popolo stanco, che fugge via in massa dalla terra natale per approdare nel cosiddetto mondo libero: ma la maggior parte dei fuggitivi una volta all’estero vengono presi da un male oscuro e orribile, la nostalgia di una terra di fuoco. Per questo gli eroi non fuggono, è questa la tragedia del popolo cubano intrappolato in una situazione senza via d’uscita: tra la lotta per la sopravvivenza e la nostalgia. Qual è la soluzione che Alejandro ci propone per superare questo lacerante conflitto? Ridiamoci su, scriviamo, scopiamo e suoniamo e ogni tanto beviamoci una bottiglia di rhum di bassa qualità… Prima o poi passerà.

Un consiglio per i lettori più appassionati: provate a leggere il romanzo di Torreguitart, saltando da un capitolo a un altro, senza seguire un ordine logico. Vi accorgerete, che la cronologia, il tempo conta ben poco. L’Avana infondo resta sempre la stessa splendida città di merda.