Atmosfere ingiallite, come di vecchie fotografie, ricordi, passati che s’intrecciano, sentimenti da cartolina. Gli anni 70/80 irrompono nel nuovo film di Virzì ma portano sfumature nuove ad un cinema già interessante. Il fulcro del nuovo lungometraggio del regista toscano sembra essere il passato, il passato di una Livorno che attraverso gli occhi di Virzì si fa intimamente bellissima. Il passato è la maniera in qualche modo più che il contenuto di questo film. Infatti la trama trova spunto nei ricordi ma come spinta per il presente. Il piglio quasi felliniano nel guardare al passato cela un apertura e un interesse per il presente che si riscatta, che si fa migliore; l’eco del maestro riminese è palpabile nella pellicola di Virzì, anche se qui troviamo un interesse diverso per la città natia oltre che uno stile meno onirico. Al centro delle vicende la storia di una normale famiglia livornese, i Michelucci, padre madre e due figli. Ma la vera protagonista è la bellezza di una madre, Anna Nigiotti in Michelucci. Una bellezza spesso ingombrante ma travolgente nella sua semplicità, rappresentata da Micaela Ramazzotti per gli anni 70 e dall’evergreen Stefania Sandrelli ai giorni nostri. Anna e la sua bellezza, susciteranno gli eventi, la gelosia del marito, Mario, le preoccupazioni del primogenito, Bruno (Rapalino-Mastandrea), l’indifferenza della piccola Valeria (Claudia Pandolfi). Storia di allontanamenti e separazioni, ma anche e soprattutto di riavvicinamenti, così vuole Virzì, che tutto si risolva, evolvendosi, che ogni personaggio trovi il suo acquietamento. Bruno dopo decenni, scappato dall’odiata Livorno, rifugiatosi a Milano si chiude in una matassa di anaffettività, fin quando viene riportato indietro dalla sorella Valeria ritrovandosi con la madre, in punto di morte. Ma la sorpresa è che la spumeggiante Anna è ancora una splendida “Sandrelli”, con una grande fame di vita e un’irrefrenabile sorriso che contagia. Bruno dopo anni è scosso, tramortito da emozioni che aveva messo da parte, ma l’incontro con la madre, la sorella, con un passato messo via troppo in fretta, archiviato senza riserve, lo aiuteranno ad affrontare finalmente il presente. Un film che non si risparmia sentimenti ed emozioni, lasciandosi dietro qualche sbavatura di retorica che nell’insieme è del tutto trascurabile. Non è certo “ la prima cosa bella” che cinematograficamente Paolo Virzì da alla luce, ma sicuramente ha tutte le caratteristiche per essere un grande film, in cui si può ridere e commuoversi in sequenze di pochi minuti, merito di un cast brillante e di una accordatissima colonna sonora, affidata dal regista al fratello Carlo Virzì. Punta di diamante del cast è sicuramente Valerio Mastandrea alle prese con l’accento livornese che non è sicuramente il suo inconfondibile romano. Aleggia in questa pellicola un maggiore ottimismo rispetto al suo ultimo lavoro (“Tutta la vita davanti”) in cui metteva in mostra le aberrazioni di un presente preoccupante. È con questi numeri, con l’umanità dei suoi personaggi che Virzì si appresta a scontrarsi con il colosso di Cameron, “Avatar”, uscito nelle sale italiane il suo stesso giorno.
La prima cosa bella | Fuori le Mura
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