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Friday 19 April 2024
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La Guerra dei Poveri | Fuori le Mura



10220Raccoglievano arance per orari di lavoro disumani. I più fortunati di loro guadagnavano 30 euro al giorno, c’è chi ne guadagnava 20 e lavorava per 12,13,14 ore. C’erano clandestini e lavoranti stagionali. Ora le arance di Rosarno resteranno inevitabilmente attaccate agli alberi, perché se il settore era in già in crisi quando si poteva sfruttare la manodopera dei sottopagati “schiavi negri”, figurarsi ora. C’è da scommettere che nessun italiano si vorrà sporcare le mani di polpa d’agrume.

Vivevano in fabbriche abbandonate, baracche fatiscenti: in condizioni igieniche di puro degrado, con gli occhi spenti di chi la sconfitta rimediata in Italia l’aveva accettata da tempo.  Proprio come bestie da soma, uscivano di casa alle 5 di mattina e attendevano a un incrocio il padroncino di turno, che sceglieva le braccia più possenti da portare a lavorare nei campi.

E pensare che avevano tanti sogni, quando partivano dai loro paesi.

Quando partivano dallo Sri Lanka, dove la guerra civile tra le forze governative e rivoluzionari del LTTE, ha causato milioni di profughi.

Quando partivano dalla Nigeria, dove l’inquinamento ambientale causato dalle estrazione petrolifere ad opera della Shell nel delta del Niger ha distrutto completamente il territorio: inquinando l’acqua che queste persone bevono, le terre che coltivano e l’aria che respirano.

Quando partivano dal Darfur, regione del Sudan dove il conflitto ha raggiunto i livelli di pulizia etnica.

E tanti hanno cercato di sfuggire al degrado, alla fame, alle ingiustizie, alle torture per approdare nel nostro “mondo occidentale libero”, magari nella speranza di trovare accoglienza e opportunità. Hanno trovato invece: ignoranza, razzismo, sfruttamento e odio. L’ultimo increscioso episodio è proprio quello della guerra di Rosarno, dove bande armate di cittadini, in nome di “Dio, patria e famiglia”, hanno dato il via a un caccia al negro degna del migliore Ku Klux Klan. Per chi abita a Roma è difficile non avere parenti, anche lontani, d’origine calabrese. Molti di loro in altri tempi sono emigrati al Nord. Molti altri hanno fatto il giro del mondo. Probabilmente hanno già dimenticato la lezione.

La cartiera di Rosarno

La cartiera di Rosarno

Ora si esulta quando un pullman pieno di negri parte alla volta dei centri d’accoglienza di Crotone e di Bari.  Intanto le arance restano attaccate agli alberi. Sì, perché la nostra industria agricola, che vanta una qualità invidiata nel resto d’Europa, dipende essenzialmente da quei clandestini e non che sotto condizioni di semi-schiavitù forniscono manodopera a bassissimo costo. Tanto al Sud, quanto al Nord sia chiaro. C’è da scommettere che se davvero la legge Bossi-Fini fosse applicata alla perfezione, la nostra agricoltura collasserebbe in men che non si dica.

L’odio fomentato in campagna elettorale dai partiti di governo contro l’altro, lo straniero, sembra stia raccogliendo i suoi frutti: violenza e razzismo. Maroni nel frattempo rincara la dose, facendoci sapere che gli incidenti dipendono da una “linea troppo morbida adottata con gli extra-comunitari”. Già, ci vorrebbero i lager in effetti.

Però se a Rosarno ci perdono i produttori di agrumi, ci perde lo stato perché fa una brutta figura, c’è anche chi ci guadagna. Tirate un po’ a indovinare? La ‘Ndrangheta, che domande. L’ipotesi, che è al vaglio degli inquirenti, è che proprio le cosche della associazione calabrese a stampo mafioso – impresa che vanta il più alto fatturato d’Europa, ricordiamolo – abbiano fomentato l’odio, prima tra gli immigrati, poi tra la popolazione per rallentare le indagini sulla bomba esplosa proprio alla Procura di Reggio Calabria.

Nel frattempo gli eroici combattenti di Rosarno dichiarano “Non siamo razzisti, ma quelli sono delle bestie…” . Curioso, no?